25 ANNI DI OIKOS, 25 ANNI DI PORTE APERTE.
NESSUN VIAGGIO PUO’ INIZIARE SE NON SI APRE UNA PORTA.
25 ANNI DI PORTE APERTE. Sono quelle dell’ambulatorio che è fatto di ambienti usati, ma soprattutto, delle tante persone (più di 200) che in questi anni ci hanno lavorato.
Per quanto l’attività principale resti la stessa, essa prende sempre un po’ la forma di chi la attraversa.
Ognuno degli operatori contribuisce a costruire l’esperienza di OIKOS con i propri tempi, le proprie competenze, la propria professionalità e disponibilità, le proprie caratteristiche e sensibilità. È un bel gruppo. È fatto di persone di età diverse, con retroterra culturali diversi, con percorsi formativi e professionali diversi, con compiti diversi.
Ma tutti coloro che si sono accostati all’esperienza di OIKOS l’hanno fatto e lo fanno perché condividono un principio: ritenere che il diritto alla salute (e alla sua cura) sia un diritto primario, da riconoscere e garantire ad ogni persona indipendentemente, al di là di qualsiasi condizione “accessoria” all’essere persona. È un diritto che resta fermo e valido e che, forse, proprio anche alla luce dell’esperienza vissuta in ambulatorio, è ancora più solido.
Collegata a questo principio fondamentale c’è la convinzione che, proprio perché i canali per garantire il diritto alla salute debbano essere equi, accessibili e fruibili da tutti, sia necessario custodire il senso e il valore della sanità pubblica, anche solo perché con la sua capillare distribuzione territoriale può rappresentare un “servizio di prossimità”.
Certo, in questi 25 anni sono cambiate molte cose anche su questo fronte e gli spazi della sanità privata (gestita da enti profit ma anche da organizzazioni di volontariato) si sono ampliati molto. E anche in OIKOS periodicamente riemerge l’idea, la tentazione, di ampliare il servizio offerto, ad esempio, introducendo servizi di medicina specialistica, ma continuiamo a credere che il ruolo del volontariato non debba essere quello di sostituire l’ente pubblico nella gestione di attività che l’ente pubblico stesso, per legge, ha il compito di garantire.
Non è semplice mantenere fede a questo impegno. A volte sarebbe più semplice chiedere aiuto a un amico specialista, o addirittura coinvolgere e organizzare la presenza di specialisti in ambulatorio, per evitare la fatica (e gli ostacoli) che tante persone straniere incontrano nell’accedere ai servizi territoriali. Ma andremmo contro l’idea che abbiano da sempre sostenuto che il nostro compito sia quello di occuparci SOLO di ciò di cui il pubblico ANCORA non si occupa.
Ecco, forse una delle cose che abbiamo imparato in questi anni è che è necessario che un’organizzazione di volontariato sappia DARSI DEI LIMITI, oltre a riconoscere quelli che ha. È inutile dire che in alcuni casi si tratta di limiti oggettivi, ma in altri bisogna saperseli dare .
È forte il rischio dell’AUTOREFERENZAIALITA’, del credere che “noi faremmo meglio e più in fretta”, ma se l’obiettivo è che anche le persone che arrivano in OIKOS (ma soprattutto quelle che non ci arrivano) possano accedere agli stessi servizi cui accedono tutti, è necessario pensare bene alle scelte da fare, ai percorsi da attivare, alle idee da sviluppare. Insomma, bisogna tenere bene in mente quali sono la ragione e l’obiettivo con cui OIKOS nasce.
Certo in questi anni abbiamo capito che non è certo l’attività di un ambulatorio come OIKOS che può risolvere il problema del diritto alla salute per tutti.
È sempre più evidente che IL TERRRENO SU CUI SI SVILUPPA IL DIRITTO E’ QUELLO DELLA POLITICA i cui meccanismi e le cui logiche a volte sembrano però lontani dallo stile di OIKOS e da ciò che ispira la sua azione. Sicuramente lavorando in ambulatorio abbiamo avuto modo di riconoscere il valore e di riconoscerci nel PATTO COSTITUZIONALE e nelle scelte compiute quando la nostra Costituzione è stata scritta. Questa è stata una (ri)scoperta importante.
Lavorando abbiamo maturato la convinzione che è necessario impegnarsi anche sul tema della cultura. È lì che trovano terreno fertile, che prendono forma, le idee che poi diventano scelte politiche e che possono dare origine anche alle discriminazioni nella tutela della salute. E’ sempre più importante, quasi urgente, provare a lavorare su un livello che non è solo di tipo assistenziale, rivolgendosi agli “esclusi”, ma anche di tipo culturale, rivolgendosi alla società, alla “città” dove si creano le condizioni per l’integrazione o per l’esclusione.
OIKOS ha sempre rappresentato un’esperienza accompagnata e attraversata da molte domande
Qualche volta ci viene il dubbio che quello che stiamo facendo appaia poco sensato.
Ma, in fondo, noi pensiamo sia importante continuare a fare ciò che ci ha visti impegnati in questi 25 anni. Non siamo ingenui, né sprovveduti, né idealisti (beh, questo forse sì un po’!). Sappiamo che affrontare il fenomeno migratorio non è semplice, che ci sono dei problemi e che sono necessari intelligenza, risorse e collaborazione per affrontarlo seriamente. Solo, noi continuiamo a credere che a ogni persona, in ogni momento vada riconosciuta la stessa dignità che ognuno di noi rivendica per sé.
Proprio riflettendo sulla condizione di chi (non senza sofferenza) si allontana dal proprio paese, emerge come evidente che queste persone cercano/trovano soprattutto nel lavoro (per quanto possa essere irregolare) lo strumento per concretizzare e realizzare un progetto migratorio che il più delle volte coinvolge e riguarda interi nuclei familiari. Abbiamo incontrato molte persone. In alcuni casi veder fallire il proprio progetto migratorio diventa fonte di profonda prostrazione fisica e psichica, di sofferenza personale e familiare. Accanto a queste situazioni, abbiamo potuto conoscere tante storie di donne e uomini che invece si integrano e la cui presenza in Italia si stabilizza e prende la direzione desiderata e ricercata con pazienza.
Forse è proprio qui che si trova il senso del nostro lavorare, la direzione che noi, con il nostro impegno vogliamo continuare a indicare. Anche il nostro ambulatorio è un po’ come un porto: le persone arrivano, cercano aiuto e, quando stanno meglio, proseguono il loro percorso. Noi facciamo questo: offriamo una chance a chi, con la salute, potrebbe perdere anche la speranza.
Comunque, in ogni caso, noi il nostro “porto” non lo chiudiamo!
Festeggia con noi Domenica 26 Maggio dalle 10 alle 19 in piazza Matteotti a Bergamo!