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Progetto Educazione alla Salute della Donna: incontri presso la scuola di Brembate Sotto

Relazione sugli incontri di Educazione alla Salute della Donna. Scuola Elementare di Brembate Sotto.

Il progetto nasce dall’esperienza professionale maturata da Clara nel rapporto con le donne immigrate nel corso di  molti anni di attività nel Consultorio ASL di Bergamo  e  ultimamente, a livello di volontariato, anche  all’interno dell’ambulatorio Oikos.

Si propone di promuovere nelle donne una più approfondita conoscenza del proprio corpo nelle sue dimensioni anatomico/ fisiologica ed emotiva nonché di fornire  essenziali informazioni di carattere sanitario su alcuni temi di base al fine di consentire loro di vivere con maggiore  consapevolezza e autonomia la propria dimensione sessuale e riproduttiva.

Il percorso ha preso l’avvio da uno specifico progetto presentato da Clara (che l’aveva precedentemente sperimentato in altri ambiti) all’interno dell’iniziativa “spazio donna” dopo che, in sede di assemblea annuale oikos 2009, si era deciso di estendere l’intervento di educazione alla salute della donna a piccoli gruppi di donne migranti già organizzati sul territorio sulla base di qualche comune interesse.

Si era nominata una commissione specifica composta da Ester Leda Felicita e Gabriella.

Sono stati presi (Gabriella) contatti con una mediatrice iraniana, Maida, per un gruppo di donne islamiche che si riuniscono separatamente in piscina. La stessa Maida aveva suggerito di rivolgere piuttosto l’offerta a un gruppo di mamme immigrate legate alla scuola elementare di Brembate Sotto.

Là esistono infatti un’ associazione genitori e una serie di figure di riferimento all’interno della scuola (particolarmente aperta a progetti di tipo interculturale: vedi il  progetto di corsi di italiano per le donne) in grado di promuovere e monitorare l’intervento ( fra queste, la responsabile del progetto intercultura e , appunto, le mediatrici). Nell’incontro tra Maida e Gabriella si è messo a punto il progetto di massima cercando di tener conto della realtà delle mamme di Brembate.

Gli incontri preliminari hanno visto quindi una serie di contatti tra la mediatrice, la responsabile del progetto intercultura, la preside della scuola e Gabriella e sono sfociati nell’organizzazione di tre incontri con le donne immigrate che si sono tenuti in tre successivi martedì- dal 23 febbraio al 9 marzo- dalle 9 alle 11 circa nei locali della scuola stessa.

L’indicazione di Clara era per un gruppo piccolo di donne che rendesse praticabile un lavoro interattivo. Trattandosi però di un numero complessivo di trenta donne interessate, ci si è accordate sulla formazione di due gruppi  con cui tenere  incontri in momenti separati.

Si è lasciato alla scuola il compito di formare i due gruppi suggerendo come indicazione di tener conto dei criteri dell’età, della provenienza e della competenza linguistica.

Di fatto ci si è  trovate di fronte a un primo gruppo molto numeroso e molto eterogeneo per provenienza: il criterio maggiormente tenuto presente dalla scuola nella  formazione dello stesso è stato quello delle competenze linguistiche.

Le donne, immigrate, erano tutte regolari. Erano presenti – oltre a Clara e Gabriella – anche una mediatrice dell’associazione Arcobaleno e una rappresentante dell’associazione  genitori.

Il gruppo

Il gruppo era composto di circa 18 donne nel complesso (15 al primo incontro, meno numerose il secondo e il terzo, ma con tre nuovi ingressi). L’età variava  dai 21 ai 41 anni.

Provenienze: Albania, India, Marocco, Pakistan, Senegal, Turchia, Ucraina.

Gli incontri hanno occupano uno spazio di circa due ore più un momento a carattere individuale dedicato a rispondere a richieste singole.

Contenuti: concetto di salute, anatomia e fisiologia dell’apparato genitale femminile e cenni su quello maschile, cenni su patologie ginecologiche e loro intreccio con patologie croniche, contraccezione, cenni su gravidanza, aborto, sterilità, prevenzione oncologica.

Metodo

è stato adottato un metodo il più possibile induttivo e interattivo che  sollecitasse la partecipazione di ognuna in prima persona e  la messa in comune delle esperienze;  è stato usato un linguaggio il meno tecnico possibile con frequenti accertamenti del livello di comprensione ed è stato distribuito del materiale illustrato.

E’ stata posta attenzione alle singole persone e alle  richieste di ciascuna, si è cercato di promuovere la conoscenza reciproca  mettendo ciascuna donna a proprio agio e nella condizione di poter parlare liberamente attraverso la disposizione delle sedie (in circolo), la proposta di esercizi di respirazione volti a far prendere consapevolezza di sè, l’utilizzo della musica in funzione di rilassamento.

Partecipazione

la risposta del gruppo è stata nel complesso positiva. Si è avuto un graduale coinvolgimento di ciascuna donna nell’interazione di gruppo. Tutte hanno avuto spazio per esprimere le proprie osservazioni e le proprie richieste. Alcune risposte a richieste particolari – che partivano da un bisogno di risposte immediate a problemi concreti – sono state rinviate a un momento successivo, in modo che le donne avessero a disposizione più strumenti per capire.

Si è creato a nostro avviso un clima molto positivo, favorito dall’atteggiamento semplice, disinvolto e non giudicante dell’ostetrica che invitava le donne ad esprimersi in libertà.

Problemi e difficoltà incontrate

–  il gruppo – per esigenze della scuola che voleva soddisfare l’interesse e la richiesta di tutte – era troppo numeroso

–  la partecipazione non è stata costante per ciascuna donna. Ad ogni incontro si è avuto l’ingresso di una o più persone nuove e non tutte hanno partecipato a tutti gli incontri

–  è risultata evidente una forte disparità di livello culturale e di informazione, legata sia all’età, sia ai paesi di provenienza (ad es. le più giovani di origine marocchina avevano ricevuto informazioni specifiche a scuola, altre, provenienti da altri paesi, erano di fatto prive  delle conoscenze più elementari )

–  sono emerse difficoltà linguistiche (specie nell’uso dei termini tecnici, ma non solo) a livello di comprensione e a livello di produzione, e almeno in un caso sono emerse difficoltà anche di tipo concettuale;

Si è posta quindi la necessità di un forte rallentamento del ritmo previsto, con allungamento dei tempi. Si è operata di conseguenza una riduzione dei contenuti trattati a vantaggio dell’apprendimento e del coinvolgimento di tutte le donne, anche quelle con meno strumenti culturali.

Il tempo si è rivelato decisamente scarso rispetto alla complessità degli obiettivi che si intendeva perseguire (obiettivi di lungo periodo).

Per trattare anche il tema della gravidanza, ad esempio,  sarebbe stato necessario aggiungere almeno un altro incontro.

Il modello di intervento si è comunque dimostrato valido e pertanto riproponibile in altri contesti. Possibilmente in gruppi più piccoli, con argomenti più delimitati e a partire da una richiesta ben precisa.

Ciò che è risultato però evidente è che gli obiettivi che ci si erano  posti all’inizio sono obiettivi di tempi lunghi. Il che apre tutta una serie di considerazioni.

Alcuni nodi problematici

– se l’obiettivo dell’ educazione (che implica un cambiamento in profondità) è un discorso di tempi lunghi, non si tratta allora piuttosto di fare semplice informazione? e su quali contenuti essenziali?

– a chi ci rivolgiamo? ai nostri soggetti privilegiati, cioè le persone non iscritte al SSN, o a tutte le persone immigrate indistintamente?

– in ogni caso, dobbiamo mirare a estendere questo tipo di interventi educativi/informativi ad altri contesti ( vedi la richiesta della Caritas di Villa d’Almè)? E’ meglio puntare ad approfondire il discorso o allargarlo il più possibile a nuovi utenti?

– si pone comunque il problema di operare delle scelte, da una parte in relazione all’obiettivo che ci siamo dati come associazione ( promuovere una cultura che affermi il diritto alla salute per ogni persona), dall’altra in relazione alle nostre risorse limitate (abbiamo solo un’ostetrica, ad esempio, per il discorso rivolto alle donne).

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Progetto MTS: Screening malattie trasmissibili sessualmente in una popolazione di 157 donne prostitute in provincia di Bergamo

Questo lavoro nasce all’interno di un progetto di ricerca-azione promosso dall’ambulatorio OIKOS onlus in collaborazione con La Melarancia onlus, associazione di aiuto per donne vittime della tratta, ed il Dipartimento di Prevenzione della ASL di Bergamo. I dati si riferiscono al periodo Gennaio 2007 – Dicembre 2008.

Obiettivi

Sanitari:

  • quantificare la presenza di MTS in una popolazione a rischio
  • vaccinare contro l’HBV quelle donne che fossero risultate suscettibili

Educativo-relazionali:

  • creare un momento di contatto lontano dalla strada, dove poter dare spazio a richieste, esigenze, racconti

Istituzionali:

  • consolidare un rapporto di collaborazione tra realtà del privato sociale ed istituzioni sanitarie che fosse chiaramente orientato ad una sempre maggiore presa in carico dei bisogni socio-sanitari di una popolazione a rischio da parte delle istituzioni competenti, nell’ambito del quadro normativo vigente, il quale spesso vede dei significativi deficit applicativi da parte delle strutture istituzionalmente preposte.
Metodologia

Alle donne contattate in strada nell’ambito dell’attività de La Melarancia è stato regolarmente proposto di sottoporsi a screening MTS per HIV, HBV (HBsAg e ABsAb), HCV e sifilide (TPPA, VDRL). Gli esami venivano eseguiti presso il Dipartimento di Prevenzione ed in seguito supervisionati da un medico dell’ambulatorio Oikos. Nei casi di positività per le patologie in questione la paziente veniva riferita verso strutture specialistiche, in caso di negatività si invitava la donna a ripetere il test dopo 6 mesi. Nel caso specifico di pazienti HbsAg- ed HBsAb-, esse venivano inviate presso il Dipartimento di Prevenzione per l’esecuzione della vaccinazione per HBV che in base alla normativa vigente spetta di diritto e gratuitamente ad alcune categorie di popolazione a rischio, tra le quali quella in oggetto al progetto.

Risultati

Nel corso di due anni sono state sottoposte allo screening 157 donne. Le difficili condizioni di vita di tali persone hanno condizionato il numero di esecuzioni dei test: a differenza del suggerimento di eseguire il test ogni 6 mesi, nel corso dei due anni hanno eseguito il test 1 volta 108 donne, 2 volte 32 donne , 3 volte 10 donne, 4 volte 4 donne, 5 volte 3 donne. Mediamente ogni donna ha eseguito 1,48 volte i test previsti.
Abbiamo riscontrato 2 casi di HIV (1,27%), 4 di HBsAg+ (2,55%), 2 di AntiHCV+ (1,27%) e 3 casi di sifilide latente (1,91%).
Le uniche due nazionalità con numeri di soggetti rappresentativi erano quella nigeriana (119 persone) e quella rumena (32 persone). Nella donne nigeriane abbiamo registrato 2 casi di HIV (1,68%), 2 di HBsAg+ (1,68%), 2 di AntiHCV+ (1,68%) e 1 casi di sifilide (0,84%). Nella donne rumene abbiamo registrato 1 caso di HBsAg+ (3,12%) e 2 casi di sifilide (6,25%).
Un altro dato significato da riportare è la percentuale di HBsAb+: tra il Marzo ed il Dicembre 2007 tra le 88 donne trovate HBsAg-, 21 erano anche HBsAb+, mentre 67 erano HBsAb-.Alle fine dei 2 anni su 157 donne contattate 49 donne avevano eseguito il vaccino per l’epatite B, 19 per intero mentre le altre lo dovranno terminare nei prossimi mesi.

Discussione

I dati raccolti configurano un quando epidemiologico riguardante HIV ed MTS in donne prostitute della provincia di Bergamo non allarmante. Per quanto riguarda l’HIV i numeri riscontrati si avvicinano a quelle tra le casistiche italiane che stimano una prevalenza più bassa. Per quanto
riguarda la sifilide, pur con tutti i limiti legati alla limitatezza del campione, sembra confermarsi una presenza importante tra le donne provenienti dall’est Europa.I colloqui (tra donna, medico e educatrice professionale) svoltisi in corrispondenza della supervisione dello screening MST hanno rappresentato da un lato un interessante esperimento clinico di medicina narrativa e dall’altro un momento nel quale dare spazio a dubbi, richieste,
propositi per il futuro da parte della donna.
La collaborazione tra 2 realtà del privato sociale ed una istituzione sanitaria come la Azienda Sanitaria Locale ha permesso di consolidare una pratica nella quale pubblico e privato si integrano in una prospettiva di sussidiarietà: il privato sociale svolge il suo ruolo peculiare di “operatività a
bassa soglia” senza però chiudersi in pratiche autoreferenziali, ma al contrario si concepisce in un rapporto dialettico con l’istituzione e la spinge sempre più a farsi carico di quei campi che le spettano per mandato normativo.

Documento integrale del progetto

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